La gonartrosi, anche conosciuta come artrosi del ginocchio, è una patologia cronica degenerativa che si sviluppa a livello articolare creando lesioni del tessuto cartilagineo. I sintomi più evidenti sono il forte dolore, la zoppia, la rigidità articolare unita alla difficoltà nei movimenti. I soggetti più esposti a questo tipo di patologia sono gli anziani, le persone in sovrappeso e chi, per molto tempo, ha esposto l’articolazione a forte stress.
In chirurgia esistono due diversi metodi di approccio alla gonartrosi: trattamenti conservativi e trattamenti chirurgici.

Come viene classificata l’artrosi di ginocchio?

Per quantificare la gravità dell’artrosi del ginocchio ci affidiamo alla classificazione di Kellgren-Lawrence. Questa analisi viene eseguita sulla base di radiografie standard effettuate sul soggetto interessato in anteroposteriore e sotto carico, in appoggio bipodalico. Secondo questa scala di valutazione vi sono 5 gradi di gravità (dal grado 0 al 4), che variano in base all’estensione dell’artrosi all’interno dell’articolazione: al grado 0 corrisponde una situazione nella norma mentre al grado 4 sarà presente una marcata sclerosi ossea con conseguenti deformazione visibile e un’ampia formazione di osteofiti.
Il chirurgo sarà in grado di classificare e riconoscere la gravità della patologia al fine di definire l’approccio più congeniale alla risoluzione del problema.

Gonartrosi: trattamento conservativo

La terapia conservativa comprende tutti quei trattamenti volti a posticipare, quanto più possibile, l’intervento chirurgico. La scelta del trattamento varia a seconda dell’età del paziente, delle sue condizioni fisiche e dell’intensità con cui pratica determinate attività.
Trattamenti conservativi possono essere la fisioterapia, la terapia medica o la perdita di peso, quando questi falliscono, ci si può affidare alle terapie conservative con infiltrazioni, come ad esempio:

  • Infiltrazioni a base di PRP (Plasma ricco di piastrine);
  • Infiltrazioni di BMAC: cellule prelevate dal midollo osseo;
  • Infiltrazioni di cellule staminali prelevate dall’adipe.

Vediamo di cosa si tratta…

Il PRP

Il PRP è un emoderivato con proprietà rigenerative. Per ottenere tale composto il paziente si sottopone ad una serie di prelievi. Tali campioni ematici verranno poi sottoposti ad un processo di doppia centrifugazione al fine di ricavare il gel piastrinico. Le infiltrazioni con PRP sono utili a favorire la rigenerazione di cartilagine, tendini e tessuti.
I trattamenti a base di PRP vengono eseguiti in ambulatorio e non necessitano di ricovero, è importante eseguire un ciclo di infiltrazioni prima di poter godere appieno dei risultati.

Il BMAC – Cellule staminali da midollo osseo

Il concentrato di aspirato di midollo osseo (BMAC) si è affermato in ambito ortopedico nel trattamento delle patologie cartilaginee.
Prelevare il midollo osseo è una pratica sicura e indolore: come prima cosa si anestetizza l’area interessata, in seguito viene effettuato il prelievo di midollo osseo dalla cresta iliaca. Il midollo aspirato viene filtrato e centrifugato al fine di ricavarne un concentrato ricco di cellule mesenchimali e fattori di crescita. Questo composto sarà iniettato nella sede della lesione. Il concentrato sarà in grado di rilasciare fattori di crescita che inducono la migrazione delle cellule staminali nell’area danneggiata dandole nuova vita.

 

Le cellule staminali adipose

Il tessuto adiposo è la fonte principale di cellule staminali mesenchimali per uso clinico e sperimentale. Il loro uso è sicuro ed efficace inoltre l’adipe è una fonte facilmente accessibile e abbondante. Come nei casi precedenti, anche in questo caso il paziente è contemporaneamente donatore e ricevente. Questo comporta che vi sia scarsa possibilità di rigetto da parte dell’organismo, impossibilità di contrarre malattie infettive e tempi di recupero veloci con benefici a medio lungo termine. Il trattamento avviene in regime di chirurgia ambulatoriale in anestesia locale. Tramite una piccola liposuzione, il grasso viene prelevato dall’addome del paziente ed in seguito, viene processato per rimuoverne i residui e prelevarne il potenziale staminale. Il composto ottenuto viene poi iniettato all’interno dell’articolazione malata entrando a diretto contatto con la cartilagine degenerata.

 

Gonartrosi: tecniche chirurgiche

Nonostante l’efficacia delle tecniche conservative, ad oggi l’unica soluzione definitiva alla gonartrosi in stadio avanzato resta la chirurgia. A seconda di quanto l’artrosi risulti diffusa, è possibile sostituire l’articolazione malata con una protesi totale o parziale (monocompartimentale).
Tra le tecniche chirurgiche impiegate nella cura della gonartrosi è presente anche l’osteotomia correttiva, utilizzata in caso di deviazioni assiali significative che, se non corrette in tempo, possono portare ad un’artrosi monocompartimentale. L’osteotomia correttiva si propone di riallineare l’arto interessato spostando il peso del corpo sulla parte non danneggiata e riequilibrando così il carico del ginocchio attraverso un sistema di placche e viti. La durata del ricovero è generalmente di 1-2 giorni. Dopo l’intervento si procede al carico protetto con le stampelle. Dopo circa 1 mese si ritorna alle normali attività di vita quotidiana, guidare la macchina e brevi camminate. Si ritorna a praticare sport a circa 3 mesi dall’intervento.

Protesi monocompartimentali

Le protesi monocompartimentali vengono applicate nei casi di artrosi localizzata.
L’intervento di protesi monocompartimentale viene effettuato principalmente su pazienti i quali soddisfano questi presupposti:
pazienti con deformità intra-articolare
pazienti con condropatia di IV grado di un solo compartimento del ginocchio
pazienti di età compresa tra i 50 e gli 80 anni
pazienti che non presentano dolore sulla zona femoro-rotulea.
Puoi leggere i dettagli della chirurgia protesica monocompartimentale a questo link: Intervento di protesi parziale mono-compartimentale al ginocchio

Intervento di protesi totale

I presupposti per effettuare un impianto di protesi totale sono:

  • artrosi tricompartimentale
  • dolore refrattario anche in seguito alla terapia conservativa
  • dolore diffuso
  • peggioramento della qualità della vita
  • età over 60.

L’intervento di protesi totale di ginocchio viene eseguito in anestesia generale e ha una durata di circa 1 ora e mezza. Durante l’intervento, eseguito con tecnica mininvasiva, le superfici di cartilagine danneggiate vengono sostituite con parti metalliche. Le parti metalliche generalmente vengono cementate all’osso con uno speciale cemento. Infine un inserto molto resistente viene posto tra le componenti metalliche per creare una superficie di scorrimento liscia.
L’intervento di protesi totale di ginocchio con approccio mininvasivo garantisce un ottimo risultato estetico e funzionale. È necessario però, che il paziente sia realmente motivato nel voler recuperare appieno la mobilità e che partecipi attivamente alla riabilitazione post intervento. Il programma riabilitativo è infatti in grado di migliorare notevolmente tempi e qualità del recupero, permettendo al paziente di tornare alla propria quotidianità in tempi brevi.

Il ruolo della chirurgia robotica

Sebbene le operazioni chirurgiche possano far paura, ricordiamo che ad oggi, è possibile effettuare tali interventi in maniera davvero sicura ed efficace grazie alla chirurgia robotica. La chirurgia robotica si avvale di tecnologie avanzate, che prevedono l’utilizzo di una sofisticata piattaforma chirurgica in grado di riprodurre, miniaturizzandoli, i movimenti della mano del chirurgo all’interno delle zone di interesse. La visione è garantita da una telecamera connessa ad un’ottica che permette al chirurgo di vedere le immagini in 3D dell’interno del corpo, il robot imita i movimenti della mano dello specialista per eseguire l’operazione. L’estrema precisione data dal robot riduce drasticamente gli errori di posizionamento della protesi, che sono tra le cause di fallimenti e complicazioni più comuni. La chirurgia robotica si avvale inoltre di un protocollo innovativo: il Fast Track, un percorso multidisciplinare finalizzato a ridurre lo stress operatorio del paziente e la durata del ricovero ospedaliero.

Nella chirurgia protesica dell’anca e del ginocchio, il Fast Track ha l’obiettivo di consentire un rapido ritorno alla quotidianità invitando il paziente al movimento e alla riabilitazione già nell’immediato post-operatorio.
Se vuoi saperne di più riguardo alla chirurgia robotica e protocollo fast-track: La protesi al ginocchio e la chirurgia robotica
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