Se le terapie conservative non danno risultati concreti o non sono risolutive, si procede all’artroscopia. Il ginocchio viene esaminato sotto anestesia per controllare la stabilità legamentosa, e il chirurgo valuta se riparare con suture dedicate o procedere alla rimozione selettiva della lesione. Durante l’intervento viene iniettata una soluzione salina per espandere il ginocchio, e introdotto l’artroscopio. Le immagini vengono proiettate su uno schermo, guidando il chirurgo durante l’intervento. Una volta individuato e corretto chirurgicamente il problema, la soluzione salina viene drenata, le incisioni chirurgiche vengono irrigate con anestetico locale. Le incisioni vengono chiuse con punti di sutura, steri-strips adesivi, cerotti premedicati e bendaggio.
Su pazienti giovani si effettua preferibilmente la sutura meniscale ovvero la riparazione della lesione cucita per via artroscopica. La porzione di menisco lesionata viene riparata, anziché asportata, in modo da conservarne l’intera superficie: questo tipo di intervento protegge meglio la cartilagine dall’usura e dall’artrosi rispetto alla meniscectomia selettiva (la rimozione della porzione di menisco lesionata). I vantaggi di questo intervento sono la diminuzione del dolore post operatorio, un minor rischio di infezioni e complicanze, tempi rapidi di recupero. L’operazione si svolge in anestesia locale (localizzata al ginocchio), regionale (dalla vita in giù) o generale (il paziente viene completamente addormentato).
Poco invasivo
Il paziente resta solitamente in degenza per una notte.
Per le lesioni meniscali isolate – ovvero quando non sono coinvolte altre strutture anatomiche – i tempi di recupero sono tra i 20 e i 30 giorni. Per la sutura meniscale i tempi si allungano ed è necessario bloccare il ginocchio con un tutore. Si utilizzano le stampelle fino a 14 giorni dall’intervento. Il paziente viene rivalutato circa 30 giorni dall’intervento per verificare l’efficacia della terapia riabilitativa in termini di recupero dell’articolarità del ginocchio e del trofismo del muscolo quadricipite. Prima di tornare alle proprie attività è necessario recuperare il tono muscolare in maniera graduale perché il ginocchio è debole e si rischia un nuovo infortunio. I tempi di recupero variano in base alle caratteristiche del paziente (età, stato di salute, tipo di lavoro svolto) Nel mentre sono consigliabili esercizi di propriocettività, cioè di balzi, di equilibrio su un piede, che permettono di riprendere le funzionalità e le capacità precedenti all’infortunio.
Il legato crociato anteriore (LCA) può essere riparato (un intervento più raro e solo in pochi casi selezionati) o ricostruito attraverso un intervento in artroscopia. Ovvero vengono praticate due piccole incisioni sulla parte anteriore al ginocchio e una terza incisione per il prelievo dei tendini, e viene iniettata una soluzione salina per pulire ed espandere la parte in modo da permettere una facile ispezione. Si esegue in anestesia spinale o generale.
Nell’intervento di ricostruzione artroscopica si utilizzano i tendini del muscolo Gracile e Semitendinoso e una piccola incisione viene eseguita nella parte antero mediale della tibia, a pochi centimetri dalla rima articolare. Se invece viene utilizzato il tendine rotuleo o il tendine quadricipitale, l’incisione si effettua centralmente, fra la rotulea e la tuberosità tibiale. I tunnel femorale e tibiale vengono preparati con delle frese motorizzate nella posizione ottimale e il neo-legamento viene inserito e fissato con un bottone sul femore, una vite e una cambra metallica sulla tibia. Durante l’intervento vengono trattati in artroscopia anche altre problematiche a carico dei menischi o della cartilagine, se esistono. Al termine della procedura la soluzione salina viene rimossa e le incisioni chirurgiche verranno irrigate con anestetico locale. Le incisioni verranno chiuse con una sutura, Steri-strips adesivi, cerotti premedicati resistenti all’acqua e un bendaggio. Viene valutato dal chirurgo l’utilizzo del tutore.
Poco invasivo
Una volta terminato l’intervento, il paziente viene riportato in reparto e inizia il trattamento fisioterapico postoperatorio. Il dolore viene controllato attraverso una terapia farmacologica personalizzata. La dimissione può avvenire in giornata, ma generalmente i pazienti possono rimanere una notte in ospedale. Il giorno successivo all’intervento si iniziano ad eseguire alcuni esercizi fisioterapici, secondo le indicazioni dell’ortopedico. Nelle prime due settimane si utilizzano le stampelle, che vengono man mano abbandonate. Si può riprendere a guidare dopo qualche settimana. Una importante raccomandazione: il neo-legamento deve essere protetto fino a 4/6 mesi dall’intervento, evitando esercizi a catena cinetica aperta (ovvero in cui il piede non poggia su un piano rigido o a terra). Il rientro allo sport si valuta a 9 mesi dall’intervento, dopo un percorso riabilitativo adeguato. Vi è evidenza scientifica che rientrando a 6 mesi dall’intervento, aumenta il rischio di nuova rottura del legamento.
L’intervento di osteotomia correttiva del ginocchio viene utilizzato nei quadri di artrosi di un solo compartimento del ginocchio associati ad una alterazione dell’asse dell’arto inferiore (i cosiddetti “ginocchio varo” o “ginocchio valgo), per alleviare il dolore associato all’artrosi o per ritardare un intervento di protesi. Quando si parla di osteotomia al ginocchio, si intende un taglio eseguito a livello dell’osso affetto da deformità finalizzato a cambiare l’allineamento dell’arto inferiore e con l’obiettivo di ridistribuire il carico attraverso l’articolazione, proteggendo il compartimento affetto da usura. L’osteotomia si esegue normalmente in anestesia spinale o generale. Durante l’intervento il chirurgo esamina la stabilità legamentosa, quindi procede a rimuovere (chiusura) o ad aggiungere (apertura) dell’osso a livello della tibia o del femore per ricreare il normale allineamento scheletrico. L’osteotomia viene completata posizionando una placca fissata con delle viti per permettere la mobilizzazione e il carico precoci. Nel caso si tratti di tecnica in apertura, per riempire si utilizza l’osso del paziente (autologo) oppure osso da cadavere o sostituto osseo.
Mediamente invasivo
La degenza dopo l’intervento è di 1-2 giorni. La deambulazione avviene con 2 stampelle con un carico protetto a tolleranza per almeno 3-4 settimane. Si inizia subito la fisioterapia con un programma di riabilitazione stabilito per recuperare la forza e l’articolarità del ginocchio con esercizi isometrici, associati alla mobilizzazione dell’anca, della caviglia e delle dita del piede per favorire la circolazione. Si eseguono controlli periodici a 6 settimane, 3 mesi e 6 mesi per il monitoraggio della guarigione del sito di osteotomia. Si può riprendere un allenamento leggero dopo 4 mesi, che si estende a 6 mesi nel caso di sport competitivi.
Il trattamento chirurgico per il trattamento dell’instabilità della rotulea avviene mediante chirurgia artroscopica e chirurgia a cielo aperto, con anestesia spinale o generale. La pianificazione dell’intervento si stabilisce sulla base delle informazioni cliniche, radiografiche, della RMN e della TC lionese. Il primo step è la valutazione artroscopica del ginocchio, con eventuale trattamento delle lesioni cartilaginee, meniscali o legamentose interne. Si procede quindi alla correzione chirurgica con tecnica a cielo aperto:
– Lesioni legamentose esterne (ricostruzione del legamento patello femorale mediale LPFM o MPFL).
Questo trattamento consiste nella ricostruzione del legamento patello femorale mediale, che è il principale sistema di ritenzione della rotulea. Si utilizza un tendine prelevato al paziente con una piccola incisione e con tecnica mini invasiva si ricostruisce il legamento, centrando la rotulea.
–Trasposizione della tuberosità tibiale
Consiste nell’esecuzione di una osteotomia, ovvero di un taglio nell’osso che permette di spostare la sede di inserzione del tendine rotuleo, finalizzata a migliorare il movimento e l’escursione della rotulea sul femore. Questo permette di centrare la rotulea, diminuendo la pressione tra le aree cartilaginee consumate e il rischio di lussazione della rotulea.
–Trocleoplastica
Questo intervento prevede una ricostruzione della parte del femore con cui si articola la rotulea. Si esegue in casi molto selezionati, quando si presenta un elevato rischio di instabilità della rotulea, dolore e usura della cartilagine. L’intervento consiste nel rimodellamento, con apposito strumentario, della parte ossea sottostante la cartilagine articolare della troclea femorale, che viene corretta e riposizionata con delle suture che si riassorbono.
Queste procedure vengono eseguite al fine di restituire stabilità alla rotulea, dare corretto scorrimento (patellar-tracking), trattare il dolore e prevenire ulteriori lussazioni.
Mediamente invasivo
A fine intervento, se necessario, si posiziona un tutore per mantenere stabile il ginocchio. Si inizia da subito la fisioterapia con un carico e un arco di movimento variabile a seconda del trattamento eseguito. Il rientro all’attività sportiva avviene dopo circa 6-12 mesi dall’intervento chirurgico.
L’intervento di ricostruzione delle cartilagini avviene in anestesia generale o spinale. Dopo che il campo operatorio viene preparato, il ginocchio viene esaminato sotto anestesia per controllare la stabilità legamentosa. Quindi si posiziona il laccio emostatico alla radice della coscia e vengono praticate due piccole incisioni ai lati del tendine rotuleo. Una volta introdotti gli strumenti per l’artroscopia, l’articolazione viene irrigata con una soluzione salina e l’immagine viene proiettata sullo schermo. Si procede quindi a una artroscopia diagnostica e, una volta identificata la lesione, si procede al suo trattamento.
Se si tratta di lesioni superficiali e di dimensioni ridotte si asportano i frammenti. Se le lesioni, invece, sono più ampie e profonde, tanto da arrivare sino al piano osseo, si possono eseguire trattamenti differenti, che vengono stabiliti prima di operare, sulla base dei reperti radiografici e della RMN. Si possono eseguire trapianti autologhi di cartilagine nel momento stesso dell’artroscopia (Mosaicoplastica). Oppure è possibile prelevare materiale cartilagineo che viene inviato in laboratorio per creare una membrana cartilaginea che verrà inserita in un secondo intervento (tecniche ACI e MACI). In commercio esistono anche delle strutture sintetiche (gli Scaffolds) che aiutano i tessuti a rigenerarsi e a ricreare una struttura simile a quella cartilaginea. Al termine della procedura la soluzione salina viene rimossa e le incisioni chirurgiche verranno irrigate con anestetico locale. Si chiudono le incisioni con steri-strips adesivi, cerotti premedicati e un bendaggio.
Mediamente invasivo
Dopo l’intervento chirurgico, la superficie articolare deve essere protetta mentre la cartilagine è in guarigione. Per questo viene applicato un tutore al ginocchio e il paziente devi osservare un periodo variabile di assenza di carico con le stampelle. Ciò contribuisce a ripristinare la mobilità dell’articolazione. Durante le prime settimane dopo l’intervento, si può cominciare con le mobilizzazioni dell’articolazione. Man mano che la guarigione progredisce, la fisioterapia sarà incentrata sul potenziamento muscolare. I controlli periodici determinano le tempistiche di recupero e di fisioterapia. Il ritorno alla corsa e sport è legato al recupero funzionale e alla guarigione cartilaginea con una tempistica di circa 12 mesi.
L’intervento chirurgico consiste nel trattamento delle lesioni legamentose e delle lesioni a carico della cartilagine e dei menischi, qualora fossero danneggiate. Si esegue in anestesia spinale o in anestesia generale. I crociati lesionati (LCA e LCP) vengono ricostruiti utilizzando tendini prelevati dal paziente come i tendini dei muscoli Gracile e Semitendinoso e il tendine rotuleo. La scelta dipende dall’età del paziente, dalle richieste funzionali e dalle lesioni eventuali degli altri legamenti del ginocchio.
Il trattamento delle lesioni dei collaterali è correlata all’entità del danno e alla localizzazione della lesione. La lesione del legamento collaterale mediale (LCM) può essere trattata conservativamente (senza intervento) in alcuni casi specifici altrimenti si può procedere in base alle caratteristiche di lesione a riparazione o ricostruzione. Il legamento collaterale mediale (LCL) viene generalmente trattato chirurgicamente con una ricostruzione con i tendini del muscolo Gracile o Semitendinoso. In scenari di lesioni legamentose multiple è possibile dover utilizzare legamenti da cadavere (Allotrapianti o Allograft). Questi tessuti sono donati e messi a disposizione della banca dell’osso. Al momento non sono descritte in letteratura trasmissione di infezioni virali o di infezione con l’utilizzo di questi materiali.
Invasivo
Il paziente dopo l’intervento viene dimesso in reparto. Per il mese successivo deve proteggere il carico con l’utilizzo delle stampelle, e un tutore. Dopo qualche giorno dall’intervento, il dolore si risolve e può iniziare il percorso riabilitativo che consiste nel recupero dell`arco di movimento e del tono muscolare. Dopo circa 6 settimane il paziente può eseguire cyclette, dopo 5-6 mesi può tornare a correre. Il rientro allo sport avviene dopo 8/9 mesi dall’intervento. Si eseguono periodicamente controlli per valutare la progressione del recupero funzionale.